La sentenza ha affrontato la questione di legittimità costituzionale di alcune norme del codice della strada (art. 23, comma 2, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), come integrato dall’art. 57, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 16 dicembre 1992, n. 495 (Regolamento di esecuzione e di attuazione del nuovo codice della strada)).
Una società, operante nel settore del car advertising, assistita dallo Studio e difesa in vari giudizi di merito, ha chiesto al Tribunale di Roma di sollevare la questione di legittimità costituzionale delle predette norme, che secondo l’interpretazione prevalsa nella prassi amministrativa limitavano la libertà di iniziativa economica nel settore della pubblicità circolante sugli autoveicoli.
Il Tribunale di Roma, con due Ordinanze, ha rimesso la questione alla Corte costituzionale.
Lo Studio ha assistito la predetta società, costituendosi nel giudizio presso la Corte costituzionale e partecipando all’udienza pubblica del 5 luglio 2023, con la relativa discussione.
La sentenza ha accertato, con la tecnica della c.d. “interpretativa di inammissibilità”, che secondo l’interpretazione prevalsa nella giurisprudenza di legittimità, l’attività di car advertising può essere realizzata con le modalità offerte dalla società.
La Corte costituzionale ha ritenuto che “La Corte di cassazione ha interpretato le norme censurate nel senso che l’art. 23, comma 2, cod. strada contiene due precetti: uno reca il divieto di apposizione di scritte o insegne pubblicitarie luminose, mentre l’altro riconosce legittima l’apposizione di quelle rifrangenti nei limiti previsti dal regolamento; la norma regolamentare dettata dall’art. 57, comma 1, del d.P.R. n. 495 del 1992, quindi, «completa la fattispecie stabilendo la legittimità senza alcun tipo di accertamento (per cui sono consentite sempre) dell’apposizione di scritte e insegne non luminose» (sezione seconda civile, sentenza 20 gennaio 2022, n. 1793)“; conseguentemente, “l’ammissibilità dello scrutino di legittimità costituzionale del combinato disposto di una norma legislativa e di una regolamentare poggia sul presupposto che la seconda, integrando il precetto posto dalla prima, non lo contraddica: l’eventuale illegittimità in concreto dell’integrazione amministrativa, infatti, «radicherebbe il potere-dovere del giudice ordinario di disapplicare caso per caso» l’atto regolamentare (sentenza n. 133 del 1992). Viceversa, l’interprete non può identificare il contenuto di una norma di legge sulla scorta di disposizioni aventi, in base alla gerarchia delle fonti del diritto positivo, valore inferiore e secondario, quando queste contrastino con la legge. In tal caso deve escludersi «il giudizio sulla costituzionalità della legge per una asserita illegittimità del contenuto della norma regolamentare, anche se emanata per l’esecuzione della legge medesima» (così già sentenza n. 102 del 1972). 7.6.- Il combinato disposto dell’art. 23, comma 2, cod. strada e dell’art. 57, comma 1, del d.P.R. n. 495 del 1992 potrebbe, allora, dirsi suscettibile di questione incidentale di legittimità costituzionale soltanto per la parte in cui la norma primaria, consentendo l’apposizione di scritte o insegne pubblicitarie rifrangenti, nei limiti e alle condizioni stabiliti dal regolamento (purché’ sia escluso ogni rischio di abbagliamento o di distrazione dell’attenzione nella guida per i conducenti degli altri veicoli), risulti in concreto applicabile attraverso le specificazioni formulate nell’art. 57, comma 1, del d.P.R. n. 495 del 1992. Unicamente per l’apposizione di scritte o insegne pubblicitarie rifrangenti la disposizione subprimaria riveste, in sostanza, quel ruolo di completamento della disposizione primaria che ne giustificherebbe il sindacato (“indiretto”) di legittimità costituzionale. E in realtà, alla specificazione delle condizioni in cui è ammessa l’apposizione di scritte e messaggi pubblicitari rifrangenti, provvede poi espressamente il comma 4 dello stesso art. 57 del d.P.R. n. 495 del 1992. 7.7.- Le ordinanze di rimessione riferiscono che le fattispecie oggetto dei giudizi principali riguardano contratti per l’apposizione sui veicoli di insegne pubblicitarie non luminose né rifrangenti; ipotesi, come visto, del tutto estranee al contenuto precettivo dell’art. 23, comma 2, del d.lgs. n. 285 del 1992. Non di meno, il rimettente, nel formulare le questioni di legittimità costituzionale, suppone proprio che le prescrizioni dell’art. 57, comma 1, del d.P.R. n. 495 del 1992, si estendano alla disciplina della pubblicità non luminosa o rifrangente sui veicoli, e perciò ritiene illegittimi i limiti e le condizioni ivi dettati in rapporto alla ratio del combinato disposto in esame, ravvisata nella sicurezza della circolazione stradale, ovvero nel prevenire ogni rischio di abbagliamento o di distrazione dell’attenzione nella guida per i conducenti degli altri veicoli. 7.8.- E’ dunque posta a fondamento delle stesse ordinanze di rimessione la prospettazione di una difformità tra il regolamento e la legge sulla quale esso si fonda, il che darebbe luogo ad un vizio non di illegittimità costituzionale, ma di illegittimità della fonte secondaria. L’ipotizzata contrarietà della disposizione regolamentare alla norma di legge di cui dovrebbe costituire esecuzione rende, quindi, inammissibile lo scrutinio di questa Corte e va risolta mediante gli ordinari rimedi giurisdizionali“.